"AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI"

"Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»".  


Il Vangelo di questa domenica ci riporta in uno dei luoghi più intensi e significativi della vita di Gesù: il Cenacolo. Qui, durante l’ultima cena con i suoi discepoli, si consuma un momento drammatico e decisivo. Giuda manifesta apertamente il suo tradimento, spezzando l’armonia del gruppo e aprendo le porte a ciò che sarà l’agonia della Croce.

Eppure, proprio in questo contesto di oscurità e dolore, si rivela una luce nuova. È l'inizio della fine per Gesù, almeno dal punto di vista terreno, ma allo stesso tempo è il compimento della sua missione. È il momento in cui Gesù svela il senso più profondo della sua vita: la gloria del Padre che si manifesta attraverso l’amore fino al dono totale di sé.

Gesù non cerca di fuggire dal tradimento, non si sottrae al dolore, ma in esso manifesta la gloria di Dio: una gloria che non si misura in potere o successo, ma in amore che si dona, che si abbassa, che serve. In quel momento, Gesù ci consegna la sua eredità spirituale, racchiusa in una sola, semplice ma rivoluzionaria parola:

“Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.”


Non è un invito generico ad amarci, ma un comandamento nuovo, con una misura nuova: il suo amore. Un amore che lava i piedi, che perdona i traditori, che non si tira indietro di fronte alla croce. Questo amore non è un sentimento passeggero, ma una scelta radicale di donazione, di accoglienza, di fedeltà.

Oggi, forse più che mai, questa parola – amore – rischia di essere svuotata, abusata, banalizzata. La usiamo con leggerezza, la confondiamo con il possesso, la riduciamo al sentimento. Per questo è necessario riascoltarla dalla voce di Gesù. Solo Lui può restituirle il suo significato pieno, la sua forza creatrice.

Accogliere questo amore richiede uno sguardo nuovo. Non uno sguardo superficiale, ma uno sguardo che nasce dall’intimo, dal desiderio profondo di vivere relazioni vere, libere, piene. È uno sguardo che ha sete di autenticità, di verità, di amore ricevuto e donato.


Gesù è la Parola fatta carne, il volto dell’Amore che si è lasciato toccare, ferire, crocifiggere per ciascuno di noi. In Lui, l’amore non è un’idea astratta, ma una vita concreta. A noi è affidato il compito di accoglierlo, lasciandoci trasformare da esso, e diventare a nostra volta strumenti di amore nel mondo.

Nel silenzio del cuore, lasciamoci interpellare da questa parola. Riconosciamone la bellezza, la forza, il sacrificio. Lasciamo che diventi carne anche nella nostra vita.

don Biagio Aprile

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