La festa di ognissanti ci ricorda una dimensione
fondamentale della nostra vita,
che l’uomo nonostante sia una creatura debole e
fragile
porta dentro di sé l’anelito, la tensione verso qualcosa o meglio verso
Qualcuno
che è completamente altro da sé.
La santità è una condizione particolare della vita,
è la forma più alta di vita, è una scelta di fondo, è un modo di stare nel
mondo. Inizia proprio con l’ascolto dell’anelito interiore, con la ricerca di
Dio, pensato come Bene, il solo e l’unico bene che può colmare il vuoto
interiore di ogni cuore. Cercare Dio è liberare il grande desiderio che giace
nel profondo di ognuno di noi.
Quindi porsi la questione di Dio nella vita: Chi è
Dio per me? La santità inizia con un cammino di beatitudine. I beati di cui
parla il Vangelo, non sono quelli che intendiamo noi quando comunemente
affermiamo questo concetto: beati….Essi sono coloro che ponendosi in ascolto
di Dio, liberando il desiderio di Dio, hanno cominciato un cammino di svuotamento
di se stessi da tutte le forme di ingombro interiore: l'essere ripiegati in se
stessi, il culto della propria persona, il bisogno di affermazione, di centralizzare
l’attenzione su di sé. Tutto ciò è la negazione della povertà di spirito.

La povertà di spirito,
invece, è cammino di libertà interiore e libertà da sè stessi. Lo spazio
interiore che si è liberato dagli ingombri di svariata natura diventa lo spazio
del desiderio e della ricerca di Dio. Lo spazio dove Dio mi incontra, dove
posso ascoltarlo, lo spazio necessario per pensarlo, lo spazio interiore dove
Dio abita. Tutto questo meccanismo determina una condizione di beatitudine
dell’anima che si riversa nella vita di ogni giorno.
Essere beati ci permette
di vivere la vita con un’altra postura: sapere che è possibile abitare in Dio. Questo permette di affrontare le situazioni più difficili della vita ossia,
tutte quelle circostanze in cui il dolore, la sofferenza, la miseria inducono
al pianto. Ci permette di vivere diversamente le situazioni di ingiustizia che
continuamente dilagano nel mondo e riempiono le nostre storie.
È allora che la
beatitudine genera la mitezza in un mondo dove l’aggressività e la violenza
fanno sentire forte il peso della loro presenza. Allo stesso modo genera operatori
di pace e persone coraggiose fino al martirio. Ecco i beati! Coloro che hanno
trovato il loro giusto “posto” nel mondo perché si sono fidati di Dio e adesso
vivono per sempre con Lui quella pienezza di vita che non verrà mai meno perché
sono nell’eternità.
don Biagio Aprile
Semplicemente grazie Don BIAGIO
RispondiEliminaBuon cammino Don Biagio
RispondiEliminaÈ difficile percorrere la strada stretta e non asfaltata,così come è complicato passare per una porta stretta e piccola.
RispondiEliminaDobbiamo pregare che la misericordia di Dio ci illumina.
Grazie don Biagio x questa bellissima catechesi sulle beatitudini. È vero. Spesso il dolore e la sofferenza ci inducono ad allontanarci da Dio, pensando che ci abbia abbandonati, mentre invece è proprio in Lui che troviamo linfa e forza per risollevarci e trovare grazia in quelle che io definisco il decalogo del cristiano, ossia le beatitudini.
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